Educare oltre il Bullismo
“Non mi preoccupa la cattiveria dei malvagi, ma l’indifferenza dei buoni”
Martin Luther King
Scritto da Cinzia Bertuccioli
Il 7 febbraio si celebra la Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo.
Desideriamo portare il nostro contributo a questo prezioso evento, raccontando della formazione fatta con alcuni educatori e il loro prete, attorno a questa tema.Abbiamo conosciuto il coraggio e la tenacia di un gruppo educativo che nasce da adulti che non accettano di rimanere indifferenti davanti alla sofferenza prodotta “da” e “in” alcuni giovani amici della parrocchia, segnati da azioni violente e disperate.
Con il termine “Bullismo” si intende definire un comportamento aggressivo ripetitivo nei confronti di chi non è in grado di difendersi.Solitamente i ruoli sono ben definiti:da una parte ci sono i bulli, coloro che attuano dei comportamenti violenti fisicamente e psicologicamente, e dall’altra parte le vittime, coloro che subiscono tali atteggiamenti.Possiamo però ampliare la dicotomia e arrivare a pensare che tutti sono vittime. Infatti l’azione violenta e perpetuata fa male al cuore di chi la riceve e di chi la compie. La sofferenza psicologica è sperimentata da chi subisce ripetute umiliazioni, in ogni luogo e tempo.Davanti ad un bullo (o cyberbullo) troviamo sovente una personalità sostanzialmente fragile perché incapace di stare nelle relazioni, in particolari n quelle conflittuali. Si tratta di individui non in grado di vivere bene nel gruppo di coetanei e non capaci di litigare. Il bullo attacca la persona più che rimanere nel problema, reagisce brutalmente senza riflettere perché non ha capacità di autoanalisi né di trovare un filtro alle proprie pulsioni; è incapace di riconoscere e gestire le proprie emozioni.Agli educatori viene richiesto di non aver paura di educare, innanzitutto di credere nelle potenzialità dei ragazzi, ognuno ha un talento. Questo può essere coltivato tra punti di forza e di debolezza in un contesto di libertà, creatività, autonomia ed autostima.Il buon educatore è colui che guida il giovane ad una sana ambizione, con la fantasia per non rimanere prigionieri di una visione ragionieristica della vita. Quanti dei nostri ragazzi vivono nella frustrazione, causa non ultima della violenza attuale? Forse questa frustrazione scaturisce da una incapacità di osare. È il grande vuoto esistenziale in cui vivono immersi i nostri adolescenti.Chiusi nella tristezza del loro mondo virtuale, dei “compagni di bravate” essi raramente si confrontano con adulti desiderosi di educare.
Non possiamo trascurare il fatto che ragazzi, anche di ambienti familiari sani, non riuscendo ad emergere attraverso l’impegno nello studio con giuste ambizioni si mettono in evidenza con atti di bullismo o di vandalismo, con la certezza della visibilità che l’evento procura nella società della comunicazione. Pur di sfuggire alla noia quotidiana , scatta nella chimica del cervello il piacere della ribalta. La trasformazione della violenza in forme sempre più telematiche, più simboliche e sadiche, rispetto alla pura forza fisica, finisce poi per attrarre sempre più ragazze.
Ancora una volta si incontra il bisogno di essere educati da un gruppo, una comunità, una società e non da interventi singoli e insufficienti.
Occorre interrompere la polarizzazione tra vittima e sopraffattore, e riportare il tutto in un contesto che integra i due soggetti in una relazione più ampia che consente di migliorare il clima relazionale, il clima comunitario, il clima di reciprocità.
Concludiamo con le parole di Papa Francesco nel messaggio di lancio del patto educativo, fissato il 14 maggio 2020:
“Ogni cambiamento ha bisogno di un cambiamento educativo che coinvolga tutti. Un proverbio africano dice che per educare un bambino serve un intero villaggio. Ma dobbiamo costruirlo, questo villaggio, come condizione per educare”.
Educare oltre il Bullismo
“Non mi preoccupa la cattiveria dei malvagi, ma l’indifferenza dei buoni”
Martin Luther King
Scritto da Cinzia Bertuccioli
Il 7 febbraio si celebra la Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo.
Desideriamo portare il nostro contributo a questo prezioso evento, raccontando della formazione fatta con alcuni educatori e il loro prete, attorno a questa tema.Abbiamo conosciuto il coraggio e la tenacia di un gruppo educativo che nasce da adulti che non accettano di rimanere indifferenti davanti alla sofferenza prodotta “da” e “in” alcuni giovani amici della parrocchia, segnati da azioni violente e disperate.
Con il termine “Bullismo” si intende definire un comportamento aggressivo ripetitivo nei confronti di chi non è in grado di difendersi.Solitamente i ruoli sono ben definiti:da una parte ci sono i bulli, coloro che attuano dei comportamenti violenti fisicamente e psicologicamente, e dall’altra parte le vittime, coloro che subiscono tali atteggiamenti.Possiamo però ampliare la dicotomia e arrivare a pensare che tutti sono vittime. Infatti l’azione violenta e perpetuata fa male al cuore di chi la riceve e di chi la compie. La sofferenza psicologica è sperimentata da chi subisce ripetute umiliazioni, in ogni luogo e tempo.Davanti ad un bullo (o cyberbullo) troviamo sovente una personalità sostanzialmente fragile perché incapace di stare nelle relazioni, in particolari n quelle conflittuali. Si tratta di individui non in grado di vivere bene nel gruppo di coetanei e non capaci di litigare. Il bullo attacca la persona più che rimanere nel problema, reagisce brutalmente senza riflettere perché non ha capacità di autoanalisi né di trovare un filtro alle proprie pulsioni; è incapace di riconoscere e gestire le proprie emozioni.Agli educatori viene richiesto di non aver paura di educare, innanzitutto di credere nelle potenzialità dei ragazzi, ognuno ha un talento. Questo può essere coltivato tra punti di forza e di debolezza in un contesto di libertà, creatività, autonomia ed autostima.Il buon educatore è colui che guida il giovane ad una sana ambizione, con la fantasia per non rimanere prigionieri di una visione ragionieristica della vita. Quanti dei nostri ragazzi vivono nella frustrazione, causa non ultima della violenza attuale? Forse questa frustrazione scaturisce da una incapacità di osare. È il grande vuoto esistenziale in cui vivono immersi i nostri adolescenti.Chiusi nella tristezza del loro mondo virtuale, dei “compagni di bravate” essi raramente si confrontano con adulti desiderosi di educare.
Non possiamo trascurare il fatto che ragazzi, anche di ambienti familiari sani, non riuscendo ad emergere attraverso l’impegno nello studio con giuste ambizioni si mettono in evidenza con atti di bullismo o di vandalismo, con la certezza della visibilità che l’evento procura nella società della comunicazione. Pur di sfuggire alla noia quotidiana , scatta nella chimica del cervello il piacere della ribalta. La trasformazione della violenza in forme sempre più telematiche, più simboliche e sadiche, rispetto alla pura forza fisica, finisce poi per attrarre sempre più ragazze.
Ancora una volta si incontra il bisogno di essere educati da un gruppo, una comunità, una società e non da interventi singoli e insufficienti.
Occorre interrompere la polarizzazione tra vittima e sopraffattore, e riportare il tutto in un contesto che integra i due soggetti in una relazione più ampia che consente di migliorare il clima relazionale, il clima comunitario, il clima di reciprocità.
Concludiamo con le parole di Papa Francesco nel messaggio di lancio del patto educativo, fissato il 14 maggio 2020:
“Ogni cambiamento ha bisogno di un cambiamento educativo che coinvolga tutti. Un proverbio africano dice che per educare un bambino serve un intero villaggio. Ma dobbiamo costruirlo, questo villaggio, come condizione per educare”.